sabato 23 febbraio 2008

LA SECCA DEL NULLA

Per arenartici ti basterebbe guardare oltre la finestra nuova, a sei piani dalla terra devastata e ostile, il parco di rottami nei riflessi azzurri della ghiacciata notturna, gli scheletri color carie dei palazzi mai portati a termine. Vagare senza obiettivi ai margini della città e sentire in gola l'effetto urticante di una troposfera fatta di gas di scarico raffreddati, bassi come fuochi fatui - lingue d'aria gelida e tossica, lanugini residuali inquinate. Senti allargarsi dentro il torace una nuvola all'apparenza balsamica, che ha il colore delle zone chiare delle radiografie.
Muori ogni tanto e lo fai quasi per gioco - uno sfizio inutile di risorgere a comando e tornare a morire ancora un poco. Una piccola morte senza epilogo. Per sentirti vivo e per sentire il baratro, mentre il sangue raffredda.

INFIAMMAZIONE

Il giorno dopo la terra si è essiccata, e nello spazio di nessuno che osservi oltre i vetri sporchi si ergono barriere che sembrano scolpite nel sale, e che l'erosione feroce dei venti ha reso simili a palazzi abitati da esseri umani in fuga dalla vita. La palude che si è ritirata ha lasciato dietro di sé le tracce della vita subacquea: sulle strade ulcerate rotolano indolenti i rifiuti scampati alla degradazione dell'acquitrino, simboli di aggregazioni sovramolecolari, strutture vertebrali della civiltà in rotta. Tu sei dentro un grumo di midollo osseo che si sta asciugando pian piano, sei un tendine infiammato: ogni tuo movimento è un dolore rosso e acuto nel petto di questo gigante di plastica e vetrocemento e catrame che contiene la Vita di milioni di tuoi simili, miliardi di elettroni che roteano dentro vortici di calore impensabile, apparentemente diretti nel Nulla originario, derivazione totale di non sai più quale divinità impazzita.

mercoledì 20 febbraio 2008

NELLA MELMA

Poi arriva il vento che scioglie le nevi sui tetti e per strada, la città diventa un'immensa perdita idraulica e tutto il disgelo finisce in una palude opaca che si oppone tremolante ai riflessi torbidi delle poche stelle in cielo. Capisci che è il fango il tuo ambiente naturale, la melma densa e scura che ricopre il catrame scomposto delle strade come una lava organica, affollata di forme di vita microscopiche e irrequiete che si servono dei cani per coprire distanze impossibili. Immagini questi movimenti epilettici come una colonizzazione in atto, una inesorabile conquista di posizioni dentro l'utero del tessuto urbano fradicio e informe. Sono tracciati sinaptici, dopotutto, concentrazioni di energia dinamica. Sei dentro un pezzo di materia grigia del cervello universale.
E vedi la faccia pallida della luna piena che sbatte sul pelo dell'acquitrino. Anche qui, chissà se è sempre la stessa. I pensieri che hai avuto finora - annientali.

venerdì 15 febbraio 2008

ALTRE VOCI

"Come una farrrfalla ubrriaca vago nei meandrri di questi scrrrrrritti senza nome e, vi prego, non offrritemi caffè con il limone. Sarebbe meglio una tazza di veleno (cianurrrrrrrro) ma anche sprrremuta di viperra grradirrrrei. Insomma... un additivo (poi le rrrrrrrrrrr le aggiungo io che servano o meno). A la vita nova (brrrrrrindiamo) avrebbe detto un saccente. Ché il nostro cadere in disuso è un fatto e non necessita di chiarimenti. Beviamo e beviamo ancora... ...trrrrrans-forrrmazione... diventeremo belve (iene) feroci (tigrrri) o piccoli (coniglietti) animali mansueti (cagnolini) ma perrrrrrrrrr favorrre tagliamo prrima i rrrrrami secchi. "

giovedì 14 febbraio 2008

A RIPENSARCI

Se solo volessi, usciresti illeso da tutto ciò. Saresti davvero capace di ritornare dentro la certezza di te, ingessato formalmente in un simbolo reiterato di equivalenza, torneresti a non più de-pensare nella sicurezza che il senso farà di te un uomo, e il pensiero coerente e logico. Ma qui ti trovi bene, torna tutto visibile e brillante, ben definito ma inafferrabile, hai un controllo che è tutto tuo, solo tu puoi mancarlo, solo tu devi perderlo. Tu sei la perdita, tu sei il gesto che cattura.

domenica 10 febbraio 2008

L'AMORE MIO CHE NON MUORE

L'hai sognata stanotte.
Ormai dormi da due giorni, cerchi di dare un riposo orizzontale al tuo scheletro rotto. Adesso l'aria è satura di calori corporei, la febbre si è allargata per osmosi all'ambiente intorno, che è questa stanza in cui ti aggiri scalzo ferendoti i piedi sul pavimento scheggiato, che è l'universo interstellare e glaciale, la cellula primordiale, il buco nero finale del sipario dei tempi.
L'hai sognata stanotte.
E la sola frase che ricordi è: "Nell'ultimo pianeta dell'ultima stanza". Poi, aprendo gli occhi, ti sei scoperto ammalato. Di nuovo.

sabato 9 febbraio 2008

DEL DOMANI

Potrebbe essere questo, dunque. Un posto per cedere alle contraddizioni, un angolo muto. Un luogo da evitarsi, un luogo per evitarsi. Qui, adesso, si verifica un nonnulla. Si inganna il tempo mandando avanti gli orologi. Ci si veste di grigio per guarire la febbre. Si leggono storie di farfalle ai cani che ti inseguono per strada (per farsi i denti sulle tue poche ossa che oggi gridano una rivolta senza nome).
I tappeti di questa corte miserabile e decorosa esalano polveri stantie, sollevano turbinii invisibili che sono effluvi ammuffiti. Anni, ormai, che non si apre una finestra. Unghie fossili a terra per ritrovare la via. Dentro la gola, ricamata dall'abitudine, una matassa di capelli, come un polipo di filamenti bruciati, filtra il respiro per annerire il cervello.

ANTEFATTO

Qui è dove mi propongo di scrivere quello che non ho mai scritto e quello che non scriverò mai.
Neppure qui.